David Bowie in 80.000 memorabilia inediti

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(dalla nostra corrispondente da Londra, Antonella Zangaro)

Appunti, testi scritti a mano, costumi di scena, strumenti, lettere, pensieri: 80.000 oggetti appartenuti a David Bowie, oggi per lo più custoditi negli Stati Uniti, verranno raccolti dal Victoria & Albert Museum di Londra che, nella sua nuova sede in fase di ultimazione a Stratford, darà vita al David Bowie Centre for the Study of Performing Arts. Una donazione imponente voluta e sostenuta dagli eredi, dalla fondazione intitolata al suo nome, da Warner Music e dalla Fondazione Blavatnik Family che, per l’operazione, hanno versato 10 milioni di sterline. Al Queen Elisabeth Olympic Park sarà quindi possibile ripercorrere quel filo di genialità, creatività e logica che hanno fatto dell’artista scomparso a New York nel 2016, a 69 anni, un innovatore dirompente nella musica così come nel teatro, nella moda e nello stile.  Unico, carismatico, iconico nella sua inarrestabile capacità di ispirazione, l’artista inglese si è guadagnato un posto speciale in un’ala dell’ormai ex magazzino di East London del Victoria & Albert Museum, che dal 2025 sarà destinato a diventare un centro di raccolta e promozione della cultura britannica.

David Bowie: Ziggy Stardust

Tanti degli 80.000 elementi raccolti e mai esposti finora sono oggetti e ricordi che lo stesso artista aveva archiviato, conservato consapevolmente per tracciare il percorso della sua evoluzione umana e creativa, la sua perenne ricerca di vie inesplorate per scatenare cambiamenti e risvegliare un gusto imprevedibile nella cultura, quello ancora vivo in tanti artisti contemporanei quali Lady Gaga, Tilda Swinton e Raf Simon. I foglietti di carta sui quali si sono rincorse per la prima volta le parole di Heroes, Fame e Ashes to Ashes, il sintetizzatore di Brian Eno che ha scolpito gli album Low e Heroes e lo Stylophone regalato da Marc Bolan alla fine degli anni ’60 che Bowie ha usato per registrare Space Oddity.  E ancora, dallo studio di registrazione al palco, il costume attillato di Ziggy Stardust e le creazioni indossate per stampare nella memoria collettiva le immagini dell’Aladdin Sane tour, il secondo, quello del 1973.

Dalla passione per la moda al desiderio di lasciare libera l’espressione e quel che resta della collaborazione con Alexander McQueen: il cappotto con la Union Jack, la bandiera inglese, creato ad hoc per la copertina dell’album Earthling. La mostra realizzata dal V&A nel 2013, che girando il mondo è stata visitata da 2 milioni di persone, “ha solo permesso di grattare la superficie di tutto l’immenso patrimonio dell’artista” ha spiegato la curatrice Kate Bailey. Insomma, tutto ciò che lui, intenzionalmente, ha sommato e conservato è oggi la sua eredità, la biografia che non ha mai scritto in un libro, la traccia per seguire la strada inanellata dalla sua immaginazione che ha dato vita alla sua rivoluzione visionaria.

Con l’abilità da sempre dimostrata dagli inglesi a celebrare se stessi, accanto alla collezione dedicata a David Bowie, al V&A di East London, ci sarà spazio anche per altri artisti ed istituzioni eletti ad espressione dell’orgoglio britannico. Vivien Leight, indimenticata Rossella O’Hara e non solo, il teatro Royal Court che, fondato nel 1860, è da sempre considerato la casa della drammaturgia moderna per la sua azione di stimolo costante per il lavoro di scrittori emergenti, affermati e ancora da scoprire. E cosa c’è di più inglese del festival di Glastonbury, ancora vivo sui prati e  fra poco immortalato anche nelle teche di un museo che vuole ricordare al mondo che l’apripista dei grandi eventi all’aperto per la musica e per le arti, come Bowie, indossa la Union Jack.

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