Orietta Berti e ‘Il coraggio di chiamarlo amore’: “l’uomo violento purtroppo esisterà sempre”

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Il coraggio di chiamarlo amore’, per la regia di Leandro Manuel Emede e Nicolò Cerioni, è il nuovo video dell’ultimo singolo di Orietta Berti, scritto da Enzo Campagnoli, Tano Campagnoli e Mario Guida, contenuto nell’album ‘La mia vita è un film (55 anni di musica)’, distribuito da Believe digital Italia (digitale) e da Self Distribuzione (fisico). Il brano e il video hanno come focus il tema difficile e delicato della violenza sulle donne, quella fisica, psicologica e sociale subìta ancora oggi dai propri mariti, compagni, fidanzati che cercano di annientarne l’esistenza, considerandole una proprietà, un oggetto di cui avere esclusivo dominio.

“Un argomento sempre attuale, perché, nonostante tutto, l’uomo violento, purtroppo, esisterà sempre. Ogni anno -sottolinea Orietta Berti- aumentano le denunce e le morti violente per mano di fidanzati, compagni, mariti. Tante sono ancora le donne che non hanno il coraggio di parlare e nascondono i soprusi per paura e per difendere i propri figli, succubi di una società che tutela ancora troppo poco le madri, le donne”.

“Per denunciare -osserva l’artista- è necessario avere delle ferite visibili, ma è più difficile mostrare le ferite psicologiche, quelle che rimangono per sempre. È un messaggio che non è una novità, ma credo sia una responsabilità per chi come me ha la possibilità di ‘alzare’ la voce, farlo. Non è mai abbastanza. ‘Il coraggio di chiamarlo amore’ racconta di quando non è più amore, ma una prigione che priva la donna del diritto fondamentale alla vita. Nessuno può girare la faccia dall’altra parte fingendo di non vedere, divenendo, così, complici della violenza”.

Il videoclip, con i ballerini del Modulo Academy, Carolina Gorni, Francesca Goldoni, Claudia Alfinito, Laura Tassara, Matilde Corradi, Beatrice Carboni ed Ernesto Vladimir Villanueva Chavez, sottolinea la disperazione nelle sue tante forme, con una gestualità che ne descrive le ferite profonde. Il muro sullo sfondo, si confonde con gli abiti color carne mettendone idealmente a nudo i corpi in una danza che diventa racconto e denuncia.

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