Coronavirus, Fondazione Centro Studi Doc chiede tutele per lavoratori intermittenti dello spettacolo

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Sono circa 200.000 i lavoratori intermittenti dello spettacolo esclusi dal DL 18/2020 ‘Cura Italia’. Si tratta di lavoratori che hanno sempre versato i contributi per il Fondo di Integrazione Salariale ma che si trovano in concreto esclusi dalle misure di sostegno dell’ultimo decreto ministeriale. Ecco perché artisti e tecnici hanno deciso di realizzare un video ‘denuncia’ che lancia l’hashtag #nessunoescluso e invita a firmare la petizione promossa dalla Fondazione Centro Studi Doc (oltre 40.000 le firme raccolte) che dall’inizio della pandemia si batte a tutela dei lavoratori intermittenti dello spettacolo, ormai in ginocchio da quando, il 23 febbraio scorso, sono stati chiusi tutti i teatri e annullati tutti i tour e gli eventi.

Manuel Agnelli, Brunori Sas, Fabio Concato, Cristina Donà, Ghemon, Eugenio Finardi, Frankie Hi Nrg, Alessandro Mannarino, Fiorella Mannoia, Daniele Silvestri, Subsonica sono solo alcuni dei big della musica italiana che hanno aderito all’iniziativa promossa dalla Fondazione Centro Studi Doc, condividendo il video che li vede protagonisti, in contemporanea sui loro canali social. Insieme a loro tantissimi tecnici e musicisti, con la partecipazione di Andrea Bosca (voice over).

“Se una parte di lavoratori autonomi può contare sul sostegno una tantum di 600 euro per il mese di marzo, i lavoratori dipendenti e intermittenti dello spettacolo ‘a chiamata’ -sottolinea la Fondazione Centro Studi Doc- vedono sfumare, un decreto dopo l’altro, la possibilità di avere riconosciuti i propri diritti. Questo perché nell’art. 38 del DL 18/2020 ‘Cura Italia’ sono chiarite le indennità per i lavoratori dello spettacolo: 600 euro esentasse per il mese di marzo a quelli che hanno lavorato almeno 30 giornate in gestione ex-Enpals e con un reddito inferiore a 50.000 euro nel 2019. Ma -osserva la Fondazione- esplicita chiaramente che non devono avere un trattamento pensionistico né un rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo. Ciò significa che i lavoratori intermittenti che erano dipendenti, anche se senza lavoro a quella data, non possono avere accesso all’indennità una tantum a cui si riferisce il decreto. Inoltre, nonostante il rapporto sia dormiente tra una chiamata e l’altra, avendo un contratto in essere non possono nemmeno avere accesso alla disoccupazione Naspi”.

Inoltre, prosegue la Fondazione Centro Studi Doc “questi lavoratori non possono accedere neanche al FIS, un fondo di integrazione salariale dell’INPS per i periodi con mancanza di lavoro, a cui tutti gli intermittenti versano il contributo ogni mese. Impossibile per loro accedere al fondo in base alle retribuzioni annullate dei prossimi mesi, non avendo più avuto chiamate dal 24 febbraio in poi: non essendo possibile calcolare l’importo di quanto è stato perso nella procedura FIS non c’è nemmeno modo di calcolare l’indennità”.

Come possibile soluzione la Fondazione Centro Studi Doc chiede che i lavoratori intermittenti possano accedere alla Cassa integrazione in deroga, l’indennità per i lavoratori che non possono accedere in concreto alle casse integrazione ordinarie, misurando il lavoro perso in base allo storico dei 12 mesi precedenti. Secondo l’art. 22 del DL 18/2020 ‘Cura Italia’ sono le Regioni che devono deliberare in merito.

Per ora, ricorda il Centro Studi Doc, in attesa delle linee guida dell’Inps, solo alcune Regioni hanno deliberato che alla Cassa integrazione in deroga possano avere accesso anche i lavoratori intermittenti. “Un risultato importantissimo che potrebbe ispirare le altre regioni” spiega Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, “ma non ancora sufficiente, perché i periodi di calcolo dell’indennità sono diversi tra loro a seconda della regione e questo crea una insostenibile discriminazione di trattamento tra i lavoratori”.

Per questo la Fondazione Centro Studi Doc chiede al Governo di introdurre un emendamento che impatti sulle scelte delle Regioni. In particolare, chiede che all’art. 22 del D.L. Cura Italia dopo il comma 2 venga inserita questa previsione: “I lavoratori intermittenti dello spettacolo nell’impossibilità di accedere in concreto alle ordinarie misure di integrazione salariale per mancanza di chiamate emergenti, accedono alle misure di cui al comma 1 secondo la media delle giornate effettuate negli ultimi 12 mesi”.

La Fondazione ha anche richiesto che i lavoratori dello spettacolo possano avere accesso all’indennità di malattia senza il requisito dei 100 giorni di lavoro dal 1° gennaio dell’anno precedente. L’art. 26 c. 1 del D.L. 18/2020 prevede che i lavoratori in quarantena per coronavirus abbiano diritto all’indennità di malattia, ma da questa sono esclusi al momento i lavoratori dello spettacolo. È stato chiesto che all’art. 26 del D.L. Cura Italia al comma 1 sia inserita questa previsione: “I lavoratori dello spettacolo, anche stagionali con pagamento diretto dell’INPS, possono accedere alla indennità di malattia e quarantena per tutti i giorni di prescrizione, senza il requisito delle 100 giornate di contribuzione dal 1° gennaio dell’anno precedente”.

Questo appello, così come i precedenti, è stato inviato ai Ministri Dario Franceschini, Nunzia Catalfo e Stefano Patuanelli e al Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Il Gabinetto del MISE, fa sapere la Fondazione “ha già risposto comunicando di condividere le istanze con il Ministero del lavoro, mentre, ancora all’inizio dell’emergenza, Pasquale Tridico aveva dato la sua disponibilità per confrontarsi su questi temi”. Intanto, l’appello è anche sostenuto da oltre 40.000 firmatari e da oltre 160 imprese e organizzazioni del settore.

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