‘Yohji Yamamoto. Letter to the future’: la mostra da 10 Corso Como Galleria

Last Updated: 16 Maggio 2024By Tags: ,

Milano

Ci sono molti modi per amare Yohji Yamamoto. E uno di questi è scoprirlo nella mostra che, da oggi al prossimo 31 luglio, 10 Corso Como Galleria gli dedica.  ‘Yohji Yamamoto. Letter to the future’, curata da Alessio de’ Navasques – curatore e docente di Fashion Archives presso Sapienza Università di Roma – è un’esperienza immersiva nell’essenza stessa di un creatore- artista che, nelle sue collezioni, ha saputo trascendere il concetto di tempo e di spazio costruendo una narrazione capace di andare oltre ogni confine per farsi, semplicemente, stile. Il suo.

25 CAPI D’ARCHIVIO

Libera dalle definizioni ma non per questo meno potente, la visione di Yohji Yamamoto  è al centro di un percorso espositivo immersivo puntellato da venticinque capi d’archivio della sua Collezione che, senza soluzione di continuità – non solo per le epoche storiche che abbracciano, dal 1986 al 2024,  ma anche per il rapporto stesso con l’ambiente in cui sono inseriti- , danno vita a un unicum in cui si incontrano e si fondono forma, materia e gusto per l’asimmetria.

Yohji Yamamoto. Letter to the future installation view Photo credit Alessandro Saletta – DSL Studio, courtesy of 10 Corso Como

LA MOSTRA: PROTAGONISTI GLI ABITI

Abiti, abiti e ancora abiti. Protagonisti da soli, con la loro potenza espressiva, al centro di una scena volutamente spogliata di ogni orpello per accogliere con immediatezza impressioni ed espressioni e perseguire il racconto con il visitatore da una parte e le parole sul domani – a firma di Yamamoto – stampate sulle pareti dall’altra. Il cantore di un futuro che ancora non c’era si svela in quelle che, a tutti gli effetti, appaiono come luminose tappe della relazione tra corpo e indumento secondo la sua poetica mirata, da sempre, alla libertà.  Di essere come di vestire, di vivere come di creare. Tutto, in effetti, in lui ha sempre parlato di questo. With my eyes turned the past, I walk backwards into the future” (“con gli occhi al passato, cammino indietro verso il futuro”) è il suo mantra tradotto alla perfezione in capi iconici capaci di risolvere, anche, la dicotomia tra due culture agli antipodi, oriente e occidente, che ha liberato  facendo esplodere la materia e la sartorialità, ancora una volta, oltre il concetto di  forma.

Yohji Yamamoto. Letter to the future installation view Photo credit Alessandro Saletta – DSL Studio, courtesy of 10 Corso Como

IL PERCORSO ESPOSITIVO IMMERSIVO

Sperimentazione è, del resto, la parola preferita da chi ha fatto della destrutturazione un’arma di stile e del colore nero la chiave di volta dell’interiorità, due lembi perfetti per dare voce all’interpretazione di chi invece, i suoi abiti, li ha sempre portati senza farsene soffocare. L’estetica di Yamamoto, definita inizialmente post -atomica per via del proliferare di tagli, di squarci,  di geometrismi bizzarri, ha trovato nella storia la sua ragione di essere. E in questa mostra la sua cornice perfetta.  E così l’ottocentesco faux -cul del cappotto in seta rossa dell’inverno 1986-87 si specchia nel maestoso capospalla in lana grigia con coda dinamica, una preview della prossima collezione; e ancora il divertissement per i dettagli – il feltro che diventa un origami- e per le silhouette;  la passione per il tridimensionale come nei robe manteau dell’inverno 2023-24;  la fascinazione per l’imperfezione, sempre e comunque, che svela e scopre una realtà, altra, intima. Personale. E giochi di volumi e di tessuti – lavorati, lasciati scivolare, drappeggiati, scultorei – che si mangiano ogni regola precostituita per regalare vivacità, forza. Libertà, ancora e sempre.

Yohji Yamamoto. Letter to the future installation view Photo credit Alessandro Saletta – DSL Studio, courtesy of 10 Corso Como

RIVOLUZIONARIO GENTILE

Pioniere di quella generazione di designer giapponesi che, al loro arrivo a Parigi, scardinarono l’immagine classica dell’abito così com’era concepito dai codici estetici tradizionali, forte di una passione per la sartorialità a lui connaturata che lo aveva portato a dimenticare la laurea in legge per dedicarsi alla moda, Yohji Yamamoto è da sempre un rivoluzionario gentile, capace di sovvertire gli stereotipi con la sua poesia e di donare al brutalismo delle forme un’anima delicata. Quando, dopo gli esordi a Tokyo nel 1972, portò nella Ville Lumière la sua arte, nulla fu più lo stesso. I suoi giochi di volumi animati dal corpo che li sceglieva; i suoi tessuti nobili eppure quasi masticati da tagli e strappi; le sue forme non finite e tagliate a vivo; il suo sprezzo per le categorie di genere racchiuse in un genderless anzitempo; la sua ode al nero, colore in grado di realizzare quella sintesi degli opposti da cui nasceva nella tradizione orientale- colore sia dei poveri che dei samurai- , costruirono nel tempo le basi della sua poetica.

LA VISIONE RADICALE DI UNO STILISTA ECLETTICO

Genio radicale e uomo coltissimo, Yohji Yamamoto ha fatto del suo linguaggio artistico un credo capace di imporsi universalmente, assimilato all’arte nella misura in cui ha superato i confini della moda per essere riconosciuto ovunque come un paradigma. Se già Wim Wenders lo aveva celebrato nel suo film del 1989, “Appunti di viaggio su moda e città”, toccò poi agli spazi espositivi accogliere comme il faut il suo estro.  A partire dal Victoria&Albert Museum di Londra che gli dedicò una retrospettiva che riprendeva l’essenza di altre tre importanti mostre europee precedenti  (alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, al Musée de la Mode et du Textile a Parigi e al ModeMuseum di Anversa) per ufficializzarne ulteriormente l’identità creativa sfaccetta e geniale.

Yohji Yamamoto. Letter to the future installation view Photo credit Alessandro Saletta – DSL Studio, courtesy of 10 Corso Como

10 CORSO COMO GALLERIA

Oggi, grazie al progetto del nuovo  10 Corso Como ideato da Tiziana Fausti che ha reso l’iconico spazio di Carla Sozzani un luogo di dialogo tra arti diverse e di incontro per differenti esperienze culturali, Yohji Yamamoto ha trovato un’altra, straordinaria dimora.

“E’ stato per me un onore lavorare con uno degli autori più straordinari che la moda può annoverare. Yohji Yamamoto unisce ad un senso di spiritualità zen, la potenza carnale e drammatica della forma. Dal suo arrivo a Parigi, all’inizio degli anni Ottanta, ad oggi il suo messaggio è ancora imprescindibile e molto forte. Assistiamo ad un momento storico in cui, proprio come accadeva negli anni del suo esordio in Europa, la fisicità sembra essersi liberata da sovrastrutture e stereotipi di genere, eppure siamo sovraesposti, continuamente giudicati, come accade sui social media. Il messaggio di Yohji Yamamoto è, invece, quello del corpo che agisce sull’abito, attraverso le sue forme imperfette e accoglienti, che racchiudono ogni tipo di corpo e di spirito.”

Le parole del curatore, Alessio de’Navasques, illuminano il senso ultimo di quella che è, a tutti gli effetti, la dichiarazione di intenti che ha mosso fin dall’inizio la mano dello stilista e che il concept store milanese ha fortemente voluto perché emblematico del dna del suo spazio, di cui Yohji Yamamoto è stato uno degli autori chiave nel definirne, nel tempo, l’identità d’avanguardia e di ricerca.

Yohji Yamamoto. Letter to the future installation view Photo credit Alessandro Saletta – DSL Studio, courtesy of 10 Corso Como

Condividi questo Articolo