INTERVISTA/Marta Pistocchi racconta la storia di Sarita, la santa laica dei peruviani

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(di Daniele Rossignoli) Come essere colpita da un murales realizzato su un muro vicino a casa raffigurante una bambina, tanto volerne approfondire la storia e farne poi una canzone. E’ quanto è successo a Marta Pistocchi, violinista, attrice e cantautrice milanese, che nel suo ultimo album ‘Toponomastica’ racconta la storia di ‘Sarita’ Colonia, una santa laica popolare peruviana morta in giovane età nella Lima negli anni ’3o. “Una santa laica -spiega Marta Pistocchi intervistata da IlMohicano– che la chiesa non ha mai riconosciuto ma di grande importanza per gli abitanti di Lima, soprattutto per i ‘campesinos'”.

“Sarita -continua nel suo racconto Marta Pistocchi- muore giovane di febbre tifoidea e la sua tomba viene presa come punto di riferimento per molti peruviani, fino a celebrarla. La sua storia si mescola con un po’ di leggenda urbana, si racconta che in realtà fosse stata assassinata in seguito ad un tentato stupro o che si fosse suicidata. Di fatto, a Lima diventa la protettrice degli ultimi, dei disperati, dei poveri, di tutti coloro che dalle campagne vanno in città alla ricerca della fortuna”.

In via Padova Self.01, un artista di strada peruviano, ha realizzato il murales che ha colpito Marta Pistocchi e che raffigura proprio Sarita: “non a caso -sottolinea l’artista- il murales è stato realizzato in questa via che è il quartiere più simbolico di Milano per quanto riguarda la multietnicità, l’integrazione. Una santa protettrice degli ultimi, degli emarginati, non poteva che essere raffigurata in questa via. Una via particolare -sottolinea- ma non difficile come spesso viene rappresentata”.

Una via e un quartiere, ora denominato Nolo, che tuttavia sta lentamente cambiando identità: “sta accadendo quello che è successo per il quartiere Isola -si rammarica Marta Pistocchi- un quartiere che era molto popolare e che è diventato di moda, dove gli affitti sono saliti alle stelle e gli abitanti sono stati costretti pian piano ad abbandonare. Ecco -sottolinea- ho paura che lo stesso possa accadere per via Padova e il quartiere”.

Tornando al murales “subito dopo il lockdown è stato coperto da una ‘mazza da covid’ -spiega Marta- un altro street artist aveva disegnato un mazza chiodata che rappresentava il virus sul murales di Sarita. Questo ha scatenato le proteste del quartiere e dopo qualche giorno questa mazza è stata cancellata a colpi di vernice nera. Vero è che la street art è impermanente per definizione -commenta la cantautrice- ma ad osservare quel muro sembra che sia stata consumata una battaglia privata tra street artist, che non hanno per nulla tenuto in considerazione i sentimenti della gente del quartiere nei confronti di quel disegno”.

E a proposito di coronavirus, Marta Pistocchi si dice molto arrabbiata, ma anche molto preoccupata, per quanto sta succedendo in questi giorni: “in un momento del genere viene un grande rabbia perché facciamo un mestiere che non è tutelato e non ti dà certezze. Adesso -osserva- ci stanno togliendo anche il diritto al lavoro e questo vuol dire togliere la dignità alle persone. La nostra è una repubblica fondata sul lavoro e il lavoro dà dignità alla gente”.

Un lockdown che, di fatto, ha interrotto la promozione dell’ultimo lavoro di Marta Pisatocchi, ‘Topoanomastica’, che l’artista aveva programmato di presentare sotto forma teatrale con ‘Toponomastica Teatro Canzone Comico’ una formula che si ispira alla tradizione del cabaret milanese e dei suoi maestri (Enzo Jannacci, Dario Fo, Giorgio Gaber) per poi contaminarsi: il corpo comico prende il sopravvento, giocando con leggerezza e originalità conducendo lo spettatore alla scoperta di una Milano “che troppo spesso -sottolinea- non sappiamo guardare con occhi attenti”.

“Mettiamo in scena una conferenza di topi, per un pubblico di topi -spiega Marta Pistocchi- dove raccontiamo la nostra particolare visione della città, una visone dal basso, dalle piccole cose che sfuggono all’osservatore frettoloso che non si guarda abbastanza attorno. La morale è che i veri padroni della città non sono gli umani ma sono i topi che ne conoscono gli angoli più nascosti. Ovviamente è una metafora dove Milano, che viene vista come la città della moda, delle luci, dei grattacieli, in realtà è fatta soprattutto di persone comuni che vengono dal basso”.

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