Un coro di bambini ci ricorda chi siamo (e chi dobbiamo essere)
(Di Maria Elena Molteni)
Ci sono momenti in cui il tempo si ferma. Quando 830 bambini intonano all’unisono ‘Va’, pensiero’. Il respiro degli adulti si trattiene, il canto antico e potente, affidato a voci piccole e innocenti, squarcia il velo della nostra disattenzione. Le mura secolari dell’anfiteatro scaligero ospitano un invito ‘silenzioso’ e struggente a tornare a ciò che conta davvero: la vita vera, la presenza, lo sguardo, l’ascolto, l’emozione.
Siamo circondati da un mondo che corre, produce, consuma e dimentica. Ma lì, sotto il cielo di tutti, accade qualcosa di radicale nella sua semplicità: bambini che cantano insieme, senza filtri, senza hashtag, senza like. Solo voci, respiro, emozione. E commozione.
Il ‘Va’, pensiero’ diventa più di un brano corale: è un grido dolce ma potentissimo, una preghiera laica per la speranza. Ricorda a ciascuno di noi adulti che il futuro non è un algoritmo da ottimizzare ma un campo da coltivare con cura, un sentiero da costruire, giorno dopo giorno, con la pazienza e l’ascolto. I bambini non sono contenitori da riempire, ma esseri pieni di luce, portatori sani di meraviglia. E quando li si mette insieme, quando si dà loro voce, accade il miracolo: ci ricordano chi siamo stati, e chi potremmo ancora essere.
Oggi la tecnologia ci connette ma ci isola, ci intrattiene ma ci svuota. In un mondo dove ogni gesto deve diventare contenuto, ogni emozione un’emoticon, vedere mille mani che si stringono sotto quel cielo condiviso è un atto rivoluzionario. I piccoli cori di tutta Italia, con i loro canti e sogni grandi, ci restituiscono una lezione molto chiara: meno rete e più radici. Meno notifiche e più note. Meno storie da guardare, più storie da vivere.