‘Less is more’, dicono. Brunori Sas dissente

Last Updated: 14 Febbraio 2025By Tags: , , ,

MusicaSanremo

(di Marta Cantarella)

Lo sentiamo provenire da ogni voce, lo leggiamo su qualsiasi recensione il plauso che aleggia attorno alla parca schiera di cantautori che, trattati alla stregua di una specie in via di estinzione, rappresentano ancora nella musica i portatori sani del mio gene preferito: la cura nelle parole o, forse, le parole che curano.

E nella settimana sanremese, l’unico momento in cui – sembra – ci si ricordi che una canzone è la sintesi di note e parole, di musica e testo, il cantautorato torna in auge, rivivendo gli antichi fasti di un’epoca alla quale, con Balorda Nostalgia (!), si volge un pensiero malinconico, salvo poi ritrovarci a canticchiare svogliati “chiamo io, chiami tu”. Questa, forse, è l’attenuante che voglio concedere a Brunori Sas, il capitano della squadra dei cantautori dell’edizione sanremese annata 2025 che, dimentico dell’assioma ‘less is more’, ha compiuto nella sua ‘L’albero delle noci’ l’operazione inversa: aggiungere. Tutto, troppo.

Mettendo in fila tutti i temi da lui trattati e, come si legge su molti contratti “a titolo meramente semplificativo e non esaustivo” si trovano: la gioia e l’inquietudine regalate dalla paternità, il tempus fugit di Virgiliana memoria, le aspettative che schiacciano, il rimando al ‘Fanciullino’ di Pascoli dove al poeta si sostituisce il cantautore (che Brunori voglia dirci qualcosa rispetto alla considerazione di sé?).

Come se tutto questo non fosse sufficiente non solo per una ma per un intero album di canzoni, si sceglie di attingere anche dal pozzo dei riferimenti alle radici, alla terra martoriata, alle contraddizioni di un Sud Italia che è Padre e Padrone e di tutta questa mescolanza, di tutta questa abbondanza i sensi non sanno se esserne grati o storditi. Ancora una volta: tutto e, decisamente, troppo.

E allora mi chiedo cosa ne sia stata della sua poetica, di quella dolcezza nella voce che o faceva sussurrare “Ma non confondere l’amore e l’innamoramento che oramai non è più
tempo” e che ci riportava all’essenzialità dei sentimenti, alla bellezza del consolidare e del proteggere a dispetto dell’eccitazione del momento, del brivido della novità.
Ridateci quel Brunori, quello del ‘less is more’. Forse verrò tacciata di parlare a sproposito ma credetemi: “di partite doppie, del dare e l’avere”, di quello sì, me ne intendo davvero.

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