Beccalli (Università Cattolica): “Il destino del secolo che stiamo vivendo dipenderà dal ruolo che sapremo riservare all’educazione”
“Il destino del secolo che stiamo vivendo dipenderà dal ruolo che sapremo riservare all’educazione”. A conclusione del suo discorso inaugurale dell’anno accademico 2024/2025 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il rettore Elena Beccalli sottolinea l’importanza cruciale dell’educazione nel determinare il destino del XXI secolo. Grazie alle opportunità offerte dal digitale, l’educazione può diventare il motore di pace, equità e progresso, riducendo le disuguaglianze globali e formando generazioni orientate al bene comune. “Credo davvero che il destino del secolo che stiamo vivendo dipenderà dal ruolo che sapremo riservare all’educazione. Perché, anche grazie alle opportunità offerte dal digitale, essa potrà rappresentare l’effettivo motore propulsivo per l’elaborazione di seri percorsi di pace, per la riduzione delle disuguaglianze tra diverse regioni del pianeta e per la formazione di donne e uomini orientati al perseguimento del bene comune. Ecco la forza dell’education power“.
“La migliore università PER il mondo”
In altri passaggi dell’intervento Beccalli delinea una visione incentrata sul servizio alla società: non semplicemente essere la migliore università del mondo, ma per il mondo. Richiamando le radici storiche dell’ateneo e il suo legame con Milano, sottolinea la necessità di affrontare sfide attuali come il costo della residenzialità, invitando a rafforzare le sinergie tra atenei, istituzioni e privati. Un’idea di università che evolve con la società, rispondendo ai bisogni delle nuove generazioni attraverso innovazione nella didattica e nella ricerca. “Se dovessi riassumere l’essenza delle linee programmatiche del mio mandato rettorale ricorrerei alla formula secondo cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore deve essere la migliore università per il mondo, non semplicemente la migliore università del mondo. In altre parole, un’Università a servizio del mondo. Concezione questa che ha radici antiche” spiega infatti. “Proiettandoci all’oggi in un – forse audace – parallelismo è evidente che il sistema universitario milanese abbia pienamente beneficiato del suo essere immerso nella città in virtù dell’attrattività e della forza propulsiva che le viene riconosciuta. Benefici che però oggi risentono del peso dei costi della residenzialità, un tema questo che impone un’azione comune, pubblico-privata, attraverso sinergie che stanno già prendendo forma tra atenei e istituzioni”.
“Formare uomini e donne di valore, professionalizzazione non è sufficiente”
Beccalli sottoline l’importanza di riscoprire il valore educativo e culturale di un ateneo, che si misura nella capacità di formare donne e uomini di valore. Citando le parole del fondatore, ricorda l’importanza di mostrare ai giovani ideali da perseguire con lavoro e sacrificio. Evidenzia, inoltre, come il fine ultimo dell’università non sia solo la professionalizzazione, ma la preparazione di classi dirigenti consapevoli, capaci di affrontare il futuro con responsabilità, visione e attenzione al bene comune. “Un’università che vuole essere la migliore per il mondo non può prescindere poi da un ulteriore elemento, che però fatichiamo a mettere a fuoco, ovvero che cerchiamo di non affrontare perché è delicato, o addirittura ostico. Mi riferisco al valore educativo e culturale di una università che si misura nella capacità di formare donne e uomini di valore“.
“Non sto parlando di trasmissione di valori in senso strettamente pedagogico, e men che meno ideologico, bensì del proposito di dare rilievo a questa dimensione. Quando si toccano aspetti che riguardano la nostra identità è sempre opportuno, credo, tornare alle parole del nostro fondatore (Padre Agostino Gemelli), che nell’inaugurazione del 1937/38 esortava: ‘Bisogna mostrare al giovane universitario quali sono gli ideali che nella vita deve proporsi; bisogna abituarlo a perseguire con il lavoro, con il sacrificio le realizzazioni di questi ideali‘”.
“Riteniamo – afferma in un altro passaggio del suo intervento – che le università debbano preparare le classi dirigenti e le generazioni del domani nella consapevolezza che la professionalizzazione non è in alcun modo in sé sufficiente e, soprattutto, che non è il solo fine da indicare come orizzonte del percorso universitario“.