Da Sotheby’s l’asta milionaria delle restituzioni post nazismo

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(dalla nostra corrispondente da Londra, Antonella Zangaro)

Un colpo di martello risoluto sul bancone e giustizia è stata fatta. Questa volta, non in un tribunale ma in una casa d’aste, quella di Sotheby’s, a Londra.

L’opera di Kandinsky, che ha segnato la storia dell’arte degli inizi del ‘900 intrecciandola poi con le tragiche vicende della famiglia Stern di Berlino, ha finalmente visto chiudersi una lunga e travagliata pagina della sua esistenza. 42 milioni di euro è la cifra che ha permesso ad un collezionista di aggiudicarsi il paesaggio Murnau mit Kirche II realizzato dal pittore russo nel 1910 e tra i pochissimi in circolazione, fuori dai circuiti museali.

Ma questa è anche la cifra che i 13 eredi di Johanna e Siegbert Stern si divideranno equamente dopo anni di ricerche, ancora non concluse, che stanno permettendo loro di rintracciare tutte le opere della vasta collezione appartenuta ai loro bisnonni, negli anni ’30.

I coniugi Stern, industriali del tessile di origine ebrea e proprietari della Graumann & Stern di Berlino, a quell’epoca erano tra i protagonisti del mondo dell’arte e della cultura della capitale tedesca. Il loro salotto era frequentato da Thomas Mann, Franz Kafka e Albert Einstein. Insieme ai loro quattro figli possedevano un archivio di  almeno 100 opere, ma con l’ascesa al potere di Hitler ed il varo delle leggi razziali tutto precipitò.

Nel 1937, rimasta vedova, Johanna Stern tentò la fuga in Olanda portando con sé solo qualcosa della ricca collezione di famiglia. Dopo l’occupazione nazista dei Paesi Bassi, fu indotta a cedere alcuni quadri con la promessa di ricevere in cambio un visto per assicurarsi la salvezza.

Ma quel documento non arrivò mai e la donna si vide sottrarre tutto quello che possedeva per tentare di sopravvivere. Cercò rifugio vicino ad Amsterdam, ma il suo piano fallì. Johanna Stern venne catturata dai nazisti e uccisa ad Auschwitz nel Maggio del 1944.

L’intera collezione si disperse e ci sono voluti anni prima di arrivare all’attribuzione di questo quadro di Kandinsky che, dal 1951, si trovava in Olanda custodito in un museo. E’ stato a quel punto che grazie l’accordo di Washington sulle restituzioni, gli eredi hanno potuto riprenderne possesso.

I proventi della vendita saranno ridistribuiti tra i 13 discendenti di Johanna e Siegbert che finanziano anche la ricerca di tutto il resto del patrimonio indebitamente confiscato ai loro bisnonni.

Il Jewish Chronicle ha parlato di “una riconquista. Una storia di amore e perdita”. Qualcuno degli eredi era presente la sera dell’asta. “Nonostante nulla possa cancellare il passato, la restituzione del quadro in parte chiude una ferita rimasta aperta per generazioni”, il commento rilasciato.

Per Sotheby’s indubbiamente si è trattato di battere all’asta un’opera di grande valore, di quelle che raramente finiscono sul mercato; ma non è stata l’unica, perché accanto a Kandinsky si stagliava un fregio di 4 metri dipinto da Edward Munch, nel 1906. Danza sulla spiaggia è l’unico dipinto dell’artista rimasto in mani private, fuori da un museo. Un’altra storia di fuga dal nazismo, che oggi scrive il suo lieto fine con la restituzione agli eredi legittimi.

Venduto all’asta per 20 milioni, il quadro era stato originariamente commissionato dall’impresario berlinese Max Reinhardt, per il suo teatro di avant-garde, dove figurava in un’installazione unica nel suo genere.

Quando nel 1912 il teatro venne ristrutturato, Danza sulla spiaggia fu comprato dallo storico dell’arte ebreo Curt Glaser, figura influente nel mondo culturale della Germania degli anni ’30 e amico personale di Munch. Con l’avvento del nazismo, nel 1933 Glaser fu costretto a scappare ed il quadro poi finì nelle mani di Thomas Olsen, il vicino di casa di Munch che ne raccolse in tutto 30, compresa una delle quattro versioni del famoso Urlo.

L’opera andò appesa nella sala di prima classe della nave da crociera di Olsen fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando le ostilità tra Gran Bretagna e Germania spinsero il collezionista a nasconderla in un fienile, nelle foreste norvegesi. Oggi, grazie all’accordo raggiunto tra gli Olsen e i Glaser, i 20 milioni ottenuti dalla vendita, ancora una volta, saranno equamente ridistribuiti per rendere giustizia ai legittimi eredi.

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