Warhol e i francobolli all’LSD. ‘Lick at your own risk’

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 (dalla nostra corrispondente da Londra, Antonella Zangaro)
Prima di Marylin Monroe e dei barattoli di zuppa Campbell fu il tempo di gatti psichedelici e uccellini rosa con collane di perle. Andy Warhol, negli anni ’50, iniziò la sua carriera lavorando come illustratore di libri per bambini, una passione che conservò nel tempo tanto da arrivare a scriverne alcuni, secondo il suo stile adulto, a carriera già avviata. Uno di questi è conservato nella biblioteca Bodleian dell’università di Oxford, che lo ha selezionato ed inserito all’interno della mostra ‘Sensational Books’ allestita fino a dicembre. Una scelta, questa, motivata da quello che è il filo conduttore della raccolta: restituire ai libri il ruolo di stimolo multi sensoriale in una sorta di sfida ingaggiata con gli e-books, ormai sempre più diffusi. A proposito di sensi e in maniera fortemente provocatoria, l’opera di Warhol esposta riesce a forzare il concetto della multi sensorialità fino agli estremi del paradosso, così come nel suo stile: nel suo libro c’è LSD. “Index”, disegnato negli anni ’60 e pubblicato nel 1963, era una raccolta di idee ed errori e, nelle intenzioni di Warhol, un libro per i bambini hipster. Sfogliando le pagine ci si imbatte in palloncini d’argento, in un castello che si solleva prendendo una forma bidimensionale, nell’immancabile barattolo di salsa di pomodoro Heinz e in un crescendo di aspettative, si arriva ad un 45 giri flex-disc in vinile con l’immagine di Lou Reed e una canzone della rock band Niko and the Velvet Undeground. A metà degli anni ’60, il gruppo suonava con il cantante tedesco Nico nell’Expolding Plastic Inevitable tour, una serie di eventi multimediali organizzati e promossi dall’artista tra il 1966 e il 1967 considerati da molti i veri albori del rock. I temi affrontati ed i pezzi suonati erano molto controversi e, per citarne alcuni, trattavano di abuso di droghe, prostituzione sadomasochismo. Nel libro Index si trovano vari assaggi di tutto il mondo della Silver Factory di Warhol, sfogliando le pagine prendono forma e vita tutte le forme espressive ed artistiche a lui più care: musica, fotografia, pittura, cinema. Solo a questo punto, il lettore è pronto per il pezzo forte: in linea con quanto visto sinora, nel libro per hipster in erba, Warhol inserisce un foglietto di francobolli estraibili intrisi di LSD. “Lick at your own risk”, lecca a tuo rischio e pericolo, cita la didascalia relativa al pezzo N. 49 della mostra di Oxford che cita anche le istruzioni per l’uso: “bagna in acqua calda e avrai una grande sorpresa”. Per completezza di informazione, la didascalia preparata dalle curatrici di “Sensational Books”, Kathryn Rudy, Professore di Art History presso l’Università di St Andrews ed Emma Smith, Professore di Shakespeare Studies all’Università di Oxford, spiegano che le strisce inserite in questa copia del volume sono state inumidite con un dito o con la lingua e si chiedono provocatoriamente: “che non sia stato un lettore curioso o forse un bibliotecario” particolarmente zelante – ci sarebbe da aggiungere – a fare il test sull’efficacia dei francobolli di Warhol?”
Nella mostra, poi, c’è tanto altro, tutto recuperato tra l’immensa offerta della biblioteca che raccoglie 13 milioni di stampati e si trova a due passi dalla seconda università più antica del mondo Occidentale, dopo Bologna. Il senso della raccolta, ci spiega la professoressa Emma Smith, è quello di ricordare alle persone che i libri tirati fuori dagli scaffali permettono al lettore di stimolare tutti i sensi, non solo la vista. Il libro di Warhol sicuramente fornisce un esempio particolarmente forte, ma tra le opere raccolte ci sono numerosi volumi e volumetti, a partire dall’epoca medievale, che basandosi su questo assunto dimostrano come nella storia si sia sempre cercato di stimolare le persone alla lettura, anche inducendo un contato fisico con le opere, da toccare, annusare e sì, in ultimo, anche leggere. Degno di nota anche il libro che riprende l’antica tradizione in voga in epoca napoleonica di usare il verde per colorare i tessuti. Il colore era estratto dall’arsenico e messo a contato con l’acqua creava una pericolosa reazione chimica. Peccato che ad esserne intrise, oltre a tende, pareti e al libro in oggetto, fossero anche le maniche degli abiti delle donne che, ci spiega Emma Smith, “se volevano sopravvivere evitando di avvelenarsi, dovevano evitare per lo meno di sudare”. Altro esempio che merita attenzione è quello riferito a quanto accaduto intorno al 1766 quando, in seguito ad una grave scarsità di carta, i tedeschi cercarono una formula alternativa per produrre libri e crearono decine di prototipi come quello fatto dalle patate, dalla pelle della cipolla o dai nidi d’ape. Alcune di queste formule, in realtà, sopravvivono ancora oggi e sono alla base delle ricette per creare fibre alternative. La conclusione delle curatrici della mostra è che, tra i libri fisici e gli e-books disponibili grazie ai supporti offerti dalla tecnologia, non c’è gara. “i libri hanno una fisicità che altre forme di lettura non possono offrire; creano una connessione con chi li tocca. Uno schermo non ha lo stesso potere”. Ma qualcosa è rimasto, infatti il gesto di voltare pagina attraverso lo scorrimento indotto dal dito sopravvive, ma l’interazione che si genera non riesce ad essere in nessun modo evocativa. Insomma, nulla a che vedere con l’estrema forma di provocazione che risveglia tutti i sensi ideata e prodotta da Andy Warhol. Ma tant’è: “alcuni libri sono fatti per essere assaggiati – diceva Francis Bacon nel 1600 – altri per essere ingoiati e pochi altri per essere masticati e digeriti”.

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