E’ online il videoclip di ‘Mario’, nuovo brano estratto da ‘2Q20’, il disco di inediti di David Zulli uscito lo scorso dicembre sui digital store e in formato vinile. “Stavo facendo colazione in soggiorno, come di consueto – racconta Zulli del brano- quella mattina mi facevo tenere compagnia dal vinile di Giovanni Truppi, ‘Poesia e Civiltà’. Mentre sorseggiavo il mio tè mattutino, mi sono affacciato alla grande finestra che dal salone dà sulla strada e ho visto questo vecchietto, basso e tozzo, col suo carrellino e le scarpe rotte, che camminava lento, la strada in salita davanti a sé. La suggestione che mi si era appiccicata addosso era quella di ‘Quando ridi’. Sono andato in studio e ho scritto ‘Mario’. In un certo senso devo ringraziare Giovanni. E quel vecchietto”.
Il video di ‘Mario’ è stato ideato e realizzato da Francesca Grosso come video-dipinto con tecnica stop-motion in cui ogni singola immagine è disegnata e dipinta in digitale con penna grafica. “Avevo visto altri lavori molto belli di Francesca -continua David- che tra l’altro è una bravissima flautista e ha suonato le parti di flauto traverso su ‘Lo specchio della città’, sia dipinti su carta e tela, sia con tecnica simile a quella usata per ‘Mario’ per altri video musicali, e ho pensato fosse la dimensione più appropriata per quel brano. Le ho parlato delle suggestioni che cercavo e del mondo che mi sarebbe piaciuto gli fosse cucito addosso e lei ha fatto il resto, interpretandone al meglio la poeticità”.
“Ho realizzato per David il video-dipinto di ‘Mario’ disegnando su supporto digitale circa 600 tavole montate con la musica -racconta Francesca Grosso- ho immaginato una figura fragile e dolce i cui gesti semplici, spesso sovrastati da una nebbia misteriosa, vengono trasportati in una dimensione di astrazione lucente, come se il bianco rappresentasse lo spazio immenso del ricordo, dedicato a tutte quelle umanità gentili, come dei giganti buoni dell’infanzia, che portano nelle fragilità e nei gesti lenti il senso profondo delle piccole cose”.
Photo credit: Barbara Ledda