Ligabue, le canzoni non risolvono i problemi ma possono portare conforto

Last Updated: 1 Dicembre 2020By Tags: , , ,

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(di Daniele Rossignoli) “Non credo che le canzoni possano risolvere i problemi delle persone ma credo possano portare conforto, possono essere una mano sulla spalla di chi ha bisogno, possano portare calore e soprattutto tenere compagnia”. In un momento di sconforto generale causato dal Covid, dopo mesi passati in solitudine o quasi, Luciano Ligabue ha approfittato per fare i conti con i suoi trent’anni di carriera, scrivere un libro, ‘E’ andata così’, in cui assieme a Massimo Cotto ripercorre la sua carriera, e pubblicare un album di inediti ‘7’ e una raccolta ’77+7′ che contiene tutti i suoi singoli. A tutto ciò si aggiunge un concerto, in un primo tempo programmato per lo scorso mese di settembre, che si terrà invece il 19 giugno del prossimo anno alla nuova RC F Arena di Campovolo (Reggio Emilia).

“Quest’anno -ha sottolineato Ligabue in videoconferenza- è stato molto particolare nella sua sfiga, nella sua tragicità. Per festeggiare i miei trent’anni di carriera avevo in testa tante cose tra cui quella che per me contava di più, vale a dire un concerto. Visto che sono stato costretto a fermarmi -ha aggiunto-  per la prima volta in trent’anni ho guardato indietro, riscoprendo nel cassetto alcuni brani inediti, e mi è venuta la voglia di raccontare la mia storia attraverso i miei occhi. Tutto questo mi ha permesso di andare avanti a testa bassa, come un ariete”.

“In questa fase stiamo tutti provando stati d’animo diversi -ha aggiunto- tutti, chi più chi meno, siamo preoccupati e abbiamo paura e credo che pagheremo anche uno scotto psicologico quando tutto questo sarà passato. Quanto sta accadendo -ha sottolineato- ritengo sia una occasione che bisognerebbe non perdere: quella, cioè, di ripensare a tutta una serie di cose, del benessere goduto fino all’altro ieri. Dobbiamo riuscire però a non avere paura più di tanto perché in questo momento rischiamo di temere anche il futuro. Siamo spettatori, dobbiamo incrociare le dita e pensare positivo. Come nel dopoguerra, e questo periodo ha tutte le caratteristiche di una guerra, spero ci possa essere una ricostruzione e quini una vera ripartenza”.

E quando tutto sarà finito si potrà tornare a suonare davanti ad un pubblico: “non mi sto ancora  preparando al concerto di giugno -ha spiegato Ligabue- perché per il momento sto vivendo in una fase di estrema frustrazione, mista alla rabbia e alla voglia di ripartire. Sono una pentola a pressione colma di sentimenti e mi costa tantissimo sapere che il concerto, con tutti i se e i ma del caso, avrà luogo fra così tanti mesi. Sono convinto che quando sarà, perché prima o poi sarà, la rabbia e la voglia di sfogare tutte queste frustrazioni sarà pari alla gioia del senso di liberazione che proveremo e che solo un concerto live ti sa dare”.

“Suonare dal vivo in un concerto è una cosa unica e irripetibile”, a spiegato Ligabue ricordando la sua prima esperienza su un palco: “Avevo 27 anni e il mio primo concerto si era tenuto, una domenica pomeriggio, all’interno di un centro culturale, davanti ad un centinaio di persone che erano quasi tutti amici miei o amici del gruppo con cui stavo suonando. Il palchetto era alto mezzo metro, il soffitto poco più di due metri e avevamo due luci e un mixer che non si poteva definire tale. Le condizioni erano veramente al limite de ridicolo ma quello che ho provato quella volta è stata un’esperienza unica”.

“Non riesco a pensare che i concerti si possano ridurre a noi che facciamo il corrispettivo di una prova con la gente che mi guarda attraverso uno schermo. L’elemento umano è decisivo. Dopodiché -ha aggiunto- non sappiamo niente del futuro, ma sappiamo che chi lavora nella musica ha bisogno di lavorare e quindi i concerti in streaming possono aiutare a questo. Tuttavia, spero per il bene della musica -ha concluso- che i concerti non debbano essere in futuro ridotti allo streaming”.

Photo credit: Ray Tarantino

 

 

 

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