(di Daniele Rossignoli) “Non possiamo lottare da casa, non possiamo farlo in silenzio: le rivoluzioni non si fanno stando seduti sul divano, in silenzio”. La rivoluzione di cui parla Alessandro Quarta, violinista e compositore, è ovviamente una rivoluzione pacifica, che dovrebbe però muovere le coscienze della gente nei confronti della crisi che la cultura, il mondo musicale ma anche quello del turismo e dell’arte, sta subendo a causa dell’isolamento provocato dal coronavirus. Quarta si è fatto promotore, assieme a Danilo Rossi, Mario Brunello e Alessio Boni, di una petizione,  ‘L’arte è viva’, che in pochi giorni ha raccolto più di 24 mila firme, per tutelare i lavoratori del mondo dello spettacolo e di tutto il settore della cultura.

Quarta, nei giorni scorsi, ha anche scritto una lunga lettera-appello al premier Giuseppe Conte e al Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Dario Franceschini, contenente delle proposte per far ripartire, in qualche modo, l’intero comparto dello spettacolo che coinvolge più di 600 mila lavoratori. Dalla sua casa di Lecce, dove è in ‘ritiro’ ormai da più di due mesi, Alessandro Quarta, intervistato da IlMohicano, spiega di “non sopportare coloro che stanno zitti aspettando che gli altri scendano in campo. Mi infastidisce anche il fatto che molte persone che hanno uno stipendio fisso mensile non stiano lottando con noi. ‘Armiamoci e partite’ -osserva- è troppo facile”.

“Dietro ad ogni artista -osserva Quarta-  si muovono decine e decine di persone, lavoratori anonimi, che stanno dietro le quinte, che hanno famiglia e che devono poter contare su uno stipendio e che ora sono fermi, non stanno più lavorando e non hanno neppure degli ammortizzatori sociali. Loro -sottolinea- senza di noi non potrebbero far nulla, ma neppure noi, senza loro, potremmo salire su un palco. Questo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo deve capire, deve rendersi conto che il mondo dello spettacolo è una vera e propria industria che deve poter ripartire quanto prima”.

“La cultura, come il turismo, è una macroeconomica -prosegue Quarta- e come tale va tutelata anche per il bene di questo Paese. Cultura e turismo vanno a braccetto. Trovo sia scandaloso che, dati alla mano, il nostro Governo destini lo 0,2% del pil alla cultura mentre, ad esempio, la Francia finanzia l’1,2% del suo pil, così come altri Paesi d’Europa”. Il Governo, almeno stando a quanto riferito in questi giorni, sembra aver recepito il messaggio anche se, sottolinea Quarta “credo alle parole ma finchè non vedo i fatti ho sempre paura”.

Da domani 4 maggio, forse, si potrà ripartire anche se gradualmente, non tutti assieme e sempre con la massima cautela ma questa partenza scaglionata, non piace a Quarta: “dobbiamo poter ripartire tutti assieme. Non si possono fare aperture differenziate perchè non è vero, come sento dire, che siamo tutti sulla stessa barca, non è così: c’è chi naviga a bordo di un panfilo, ma c’è parecchia gente che lo fa aggrappandosi ai salvagente, alle piccole imbarcazioni. Possiamo dire che siamo tutti in un mare in tempesta ma, purtroppo, su imbarcazioni diverse. Non ci possono essere quindi delle priorità perchè nessuno è più importante di un altro. Bisogna aprire con molta responsabilità e cautela, ma devono poterlo fare tutti nello stesso momento”.

Purtroppo, il settore della musica, in questi mesi ha perso 60 milioni di euro. Si è cercato di sopperire con lo streaming “si è fatto capire che la musica la si può fare anche da casa con lo smart working ma non si è capito, sopratutto i politici -spiega ancora Quarta- che un concerto è un prodotto che viene costruito dopo giorni e giorni di prove, che sono più importanti del prodotto finale. La musica ha bisogno che gli artisti possano stare insieme. Lo streaming senza pubblico è desolante. Io devo poter suonare davanti alle persone, che siano mille, cento o anche una sola persona, devo poter trasmettere l’emozione di chi suona per un cuore che batte, che sta ascoltando il mio violino, un Gagliano del 1723. Una emozione che certo non ti può dare lo streaming. Il telefonino non può certo farti emozionare come uno Stradivari”.

Ecco quindi che, per Alessandro Quarta, i prossimi mesi possono e devono essere fondamentali per una ripartenza: “se vogliamo trovare un aspetto positivo in tutta questa vicenda, è che possiamo approfittare dei mesi estivi per organizzarci in vista della stagione invernale, quando riapriranno i teatri. Bisogna sfruttare questo periodo per preparare per l’inverno i 4.500 teatri che ci sono in Italia”.

“Se in un teatro da 1.000 posti se ne mettono a disposizione solo 400 -spiega Quarta- ecco allora che lo streaming, in questo caso, può essere sì fondamentale: gli altri possibili 600 spettatori potrebbero acquistare un biglietto per assistere allo spettacolo da casa, via streaming appunto.Lo stesso per i luoghi all’aperto, nelle piazze, nei giardini pubblici, negli stadi, e nei vari siti delle nostre splendide città amate e invidiate in tutto il mondo dove non si è mai fatto un concerto e che potrebbe essere, invece, un modo per far scoprire ‘l’Arte nell’Arte'”.

Ma come sta vivendo, da casa, questi giorni di ‘quarantena’? “Nei primi giorni l’ho presa molto male perchè io vivo sul palco, con i miei amici a provare e suonare. Poi -spiega Quarta- grazie a un dipinto di Fabio Ingrassia mi sono messo a scrivere un brano ‘Andrà tutto bene’ ed è stato il fiammifero che ha riacceso in me l’entusiasmo”. Entusiasmo che però si affievolisce pensando al domani: “purtroppo -osserva- credo che, passata questa bufera, poco cambierà. Ci sarà ancora molta paura, anche perchè, fino ad ora, ci sono state troppe notizie spesso in contraddizione tra loro. Si è creato un vero terrorismo psicologico. Troppi ‘esperti’ sono andati in tv a dire la loro. Troppe versioni contrastanti non hanno fatto altro che disorientare la gente”.

“Paura a parte -prosegue Quarta- spero che se ne possa uscire tutti quanti con una maggiore umanità. Mi auguro che questi due mesi di clausura forzata, sia fisica che mentale, possa produrre motivi per migliorarsi. Per quanto mi riguarda, la prima cosa che farò sarà quella di salire in macchina con il mio violino e cercare un teatro dove poter suonare, dove sarà possibile fare un concerto. Io ho bisogno di sentirmi libero di poter fare il mio lavoro perchè il lavoro -conclude- significa libertà”.