INTERVISTA/Con il ‘Bombarolo’ Mattia Mariano passa alla canzone d’autore e scopre De Andrè
(di Daniele Rossignoli) “Dopo aver fatto rap per tanto tempo ho sentito la necessità di nuovi stimoli e mi sono ritrovato ad ascoltare molto cantautorato. Mi sono reso conto che il linguaggio del rap e del trap poteva benissimo essere mischiato con quello del cantautorato”. Mattia Mariano spiega così a IlMohicano la sua trasformazione musicale che l’ha portato ad avvicinarsi al numero uno dei cantautori, Fabrizio De Andrè, tanto da intitolare il suo album, che lui stesso definisce ‘anarchico’, ‘Bombarolo’.
‘Storia di un impiegato’ (l’album di De Andrè che contiene appunto il brano ‘Il bombarolo’ “è un album che lo stesso Faber definiva come il meno comprensibile di tutti i suoi. Nel mio piccolo ecco allora che mi è sembrato giusto dargli un po’ più di merito. Quanto al mio ‘bombarolo’ -prosegue Mattia Mariano- ho cercato di renderlo il più goffo possibile: non volevo che rappresentasse un super criminale, volevo dargli una valenza più umana, anche un po’ ignorante. Volevo, insomma, che il mio bombarolo fosse più o meno un emulatore del bombarolo di De Andrè, con una personalità complessa, contorta ma fondamentalmente una persona come tutti”.
‘Il bombarolo’, un vero e proprio concept album, è composto da cinque brani, tutti legati tra loro da quel pensiero anarchico, al limite dell’utopia “di cui parlava spesso lo stesso De Andrè”. Proprio ‘Anarchia’ è il titolo del primo brano dell’Ep seguito da ‘Resistenza’ “dove racconto del mio rapporto con il rap. Il rap -sottolinea- nasce come musica di protesta ma è, di fatto, innocua e ha smesso di rappresentarmi. ‘Resistenza’ intende sottolineare proprio come il rap, per quanto possa fare rumore, non ha nelle parole una cassa di risonanza tale da far emergere questa protesta. Nel ’73 -ricorda il cantautore- De Andrè scriveva brani che tutt’ora sarebbero censurati per quanto ‘rumore’ sapevano creare. Se oggi non lo fanno i rap chi lo deve fare?”.
‘Trallallero’, terzo brano dell’album “è una dei pezzi più particolari perchè rappresenta la storia di Renato Curcio e Margherita Cagol delle Brigate Rosse. Cerco di ironizzare su una situazione che non fa per nulla ridere, anzi”, spiega Mattia. “Dopo aver descritto il ‘bombarolo’ come un mitomane ho cercato una storia vera come quella delle Brigate Rosse e di una donna che viene uccisa dopo aver fatto evadere il marito. Un capitolo tragico della storia d’Italia, che non ho vissuto in prima persona ma che ho conosciuto attraverso i libri e le testimonianze e che trovo molto interessante”.
L’album prosegue con ‘Bang Bang’ che riprende la melodia, la stessa linea vocale di ‘Maria nella bottega del falegname’ di De Andrè e per questo brano abbiamo avuto tutti i permessi da parte della famiglia del cantautore genovese e di questo sono molto soddisfatto. Questo, rappresentando il ‘bombarolo’, è un po’ il brano chiave dell’intero progetto” che si conclude con ‘La ballata dei dimenticati’ che, secondo lo stesso cantautore “rappresenta quelli che stavano più a cuore a Fabrizio De Andrè, vale a dire gli ultimi, i dimenticati appunto. Sono dell’idea -osserva- che nel corso della nostra vita siamo tutti, prima o poi, un po’ dimenticati. Basta un po’ di solitudine per sentirsi dimenticati. Quando ho scritto questo brano ho pensato che nessuno scrive più canzoni per le persone, per gli altri. Tutti noi artisti raccontiamo di noi, ma il messaggio globale di raccontare un fatto mancava. Il rap nasce come concetto autoreferenziale. L’immedesimazione in un altro personaggio nel rap non è contemplata. Io avevo, invece, voglia di raccontare gli altri e non nascondo che a livello di scrittura è stata per me una sperimentazione molto forte”.
Un album, insomma, dove, in ogni brano, la presenza di Fabrizio De Andrè è costante e “per questo -confessa Mariano- mi piacerebbe sapere cosa ne pensano i suoi famigliari. In ogni caso posso ritenermi più che soddisfatto già dal fatto che sul bollo della Siae ci sia scritto ‘testo di Mattia Mariano e Fabrizio De Andrè’, a me basta quello”, conclude Mattia Mariano che si augura di poter portare presto questo suo progetto nei teatri d’Italia.
(Ros/IlMohicano)